Nessuno sa davvero quando i concetti che costituiscono la filosofia Huna siano stati messi insieme. Alcune di queste idee sono attribuite a scritti di filosofi greci, all’Antico Testamento e alle Upanishad dell’India, ma come filosofia coerente a se stante, collocarla in un’epoca specifica è un vero rebus.
Alcune leggende hawaiane dicono che la filosofia Huna sia stata portata sulla terra da visitatori provenienti dalle Pleiadi ma non c’è modo di verificarlo.
Quando nessuna spiegazione può essere provata come corretta allora nessuna spiegazione può essere dimostrata sbagliata.
Quindi guardiamo questa faccenda da una prospettiva completamente diversa, non quando Huna sia diventata una filosofia coerente per merito dei membri di una cultura particolare bensì come questo potrebbe essere accaduto.
La premessa principale dietro il nostro racconto è l’aspetto del comportamento umano, da cui derivano la maggior parte delle nostre idee sulla vita, e dall’osservazione del mondo che ci circonda.
In realtà non solo osservando ma interpretando quello che osserviamo nei termini della nostra lingua, della nostra cultura e della nostra esperienza personale.
In questa ottica popoli diversi, in luoghi diversi, in momenti diversi, possono avere avuto idee completamente diverse sulla vita.
Il nostro racconto, tuttavia riguarda i polinesiani e la filosofia Huna che conosciamo esistente ancora oggi.
Inizieremo utilizzando la nostra immaginazione per muovere la mente indietro nel tempo di molti secoli, forse molti millenni.
Non si conosce la data ma doveva essere un momento in cui i polinesiani navigavano ed esploravano attivamente l’intero Oceano Pacifico.
A differenza di molte altre popolazioni i polinesiani non hanno mai viaggiato per conquistare e non hanno mai rivendicato le terre che hanno visitato.
Per certo anche per loro, o nei loro confronti, ci sono stati conflitti ma non esistono leggende, tradizioni, storie o artefatti che indicano eventuali tentativi di creare un impero polinesiano o un sistema di colonie governate da un’unica patria.
Quello che sappiamo è che essi hanno adottato nuove abitudini da altri popoli quando le hanno trovate utili, come le patate dolci provenienti dal Sud America, e hanno condiviso alcune delle loro abitudini, come i polli sempre con il Sud America.
E’ possibile, anzi probabile che i polinesiani abbiano raggiunto Nord e Sud America, Australia e Asia, oltre alla maggioranza delle isole del Pacifico.
Nel corso del tempo di tale attività di scoperte è anche ovvio che abbiano notato il diverso linguaggio, l’abbigliamento, le abitudini e il tipo di fede differente dai loro usi e costumi.
Da questa esperienza è allora probabile che abbiano sviluppato il primo principio di Huna, che ‘il mondo è quello che pensiamo che sia’, e che quando si cambia il modo di pensare, automaticamente cambia la nostra esperienza.
Un proverbio hawaiano recita: ‘A’ohe pau ka’ ike i ka ho’okahi Halau – ‘Tutta la conoscenza non è insegnata nella stessa scuola’.
Per i primi polinesiani l’oceano non era un vasto e vuoto luogo misterioso che separava le persone ma una specie di terra mobile che al contrario univa tutti.
Loro scoprirono che non era importante in quale direzione viaggiassero, c’era sempre più oceano e sempre più terre, e che Tutto era collegato.
E scoprirono tante persone che, pur avendo molte differenze, avevano anche molte somiglianze nella forma e nella sostanza.
Quindi un’idea naturale – il secondo principio Huna – potrebbe essere sorto da questa esperienza che ‘non ci sono limiti’.
E che ‘Tutto è collegato’ fu la scoperta che ogni problema aveva una soluzione, anche quando non era facile.
Il proverbio relativo a questo è: ‘A’ohe Pu’u ki’eki’e ke ho’a’o ia e pi’i – ‘Non c’è scogliera così alta da non poter essere scalata’.
Una delle principali fonti di cibo per i primi polinesiani veniva dal mare. La pesca per loro era una scienza, un’arte e una necessità. Per la pesca oceanica avevano una varietà molto ampia di ami realizzati in conchiglia, osso, avorio e legno, per pesci diversi e diversi metodi di pesca.
È interessante notare, nonostante la creatività e la tecnologia usata, come i polinesiani dessero molta enfasi alla capacità innata di alcuni ami da pesca di attirare più pesce rispetto ad altri. Da varie fonti, tra cui una leggenda, si narra di un semidio, Maui, che a causa di una mancanza di attenzione da parte dei suoi fratelli, perse la cattura di un pesce gigante sfuggito al suo amo.
Sembra chiaro che questa capacità di lucida presenza sia direttamente correlata alla concentrazione, alla necessità di mantenere la propria attenzione sulla pesca per garantirne il successo. In altre parole, ‘l’energia fluisce dove va l’attenzione’.
Ciò è confermato in due proverbi hawaiani: ‘Hamama ka Waha egli po ia ole’ – ‘Quando la bocca sbadiglia, si tratta di una notte in cui si catturano pesci’ (n.d.r: come il nostro “chi dorme non piglia pesci”); ed ‘Egli Makau ole hala’ – ‘Un amo che non manca mai di catturare’ (detto di uno che attrae e trattiene ciò che vuole).
L’importanza del momento presente è la regola nelle lingue polinesiane. In hawaiano, in particolare, non ci sono tempi passati o futuri, ma solo dei “marcatori” che consentono di parlare del passato e del futuro in relazione al presente.
Culturalmente constatiamo che gli hawaiani non festeggiano i compleanni (con l’eccezione del primo anno del primogenito) o anniversari di qualsiasi tipo. Né fanno delle previsioni a lungo termine del futuro, ad eccezione di quello che potrebbe essere dedotto da un’analisi delle condizioni attuali.
Probabilmente questo tipo di comportamento è venuto dal trascorrere tanto tempo su una piccola barca in mezzo all’oceano, luogo in cui le questioni di passato e futuro si dissolvono nel nulla di fronte alle esigenze del momento. In ogni caso, una parte intrinseca della cultura polinesiana è l’idea che ‘adesso è il momento di potere’ (4° Principio Huna, Manawa), o, in hawaiano: Noho ka mana i keia Manawa – La potenza risiede nel momento presente.
L’ampiamente conosciuto “Aloha Spirit” è anch’esso una parte tipica della cultura polinesiana, anche se non si usa la parola aloha. L’accettazione amichevole, la bontà, la misericordia, la grazia, la carità, la compassione, l’amore … tutti questi significati sono racchiusi da quella sola parola.
Le radici della parola possono indicare il modo in cui questo concetto si è sviluppato. Oha significa amore, amicizia e gioia, mentre alo fondamentalmente significa condividere un’esperienza faccia a faccia.
Quello che viene subito in mente, nella storia degli antichi polinesiani che attraversavano l’oceano in canoa con movimento lento, è che l’imbarcazione poteva essere condotta da un centinaio di persone che si stringevano l’uno all’altro per settimane o mesi, con la necessità di sviluppare un qualche tipo di spirito comunitario abbastanza forte da resistere ai pericoli, ai disagi e ai disaccordi che certamente sorgevano durante tali viaggi.
Lo Spirito Aloha non è semplicemente una bella cosa da fare. Per gli antichi polinesiani doveva essere stato vitale anche per la sopravvivenza. Così nacque l’idea che amare è essere felice con qualcuno o qualcosa. Il proverbio hawaiano correlato è: Ke Aloha, ke alo, ke oha, ka ha ossia L’amore è essere in presenza di qualcuno o qualcosa, condividendo la gioia, nella condivisione del respiro.
L’idea polinesiana di mana è stata notevolmente fraintesa. Lungi dall’essere un “fluido misterioso che permea l’universo”, come ad alcuni antropologi piace pensare, o di un tipo di energia come il prana come piace pensare ad alcuni metafisici, il mana è più propriamente tradotto come potere, nel senso di influenza, o la possibilità di avere un’influenza.
In polinesiano tutto ha mana, un proprio potere innato. Alcune cose, come le forze della natura, ovviamente, hanno un enorme mana, e alcune persone, con la loro energia, abilità, conoscenza, fiducia, o la propria posizione di autorità, hanno un mana personale notevole. L’idea del sesto principio, che ‘ogni potere viene da dentro’, è esemplificato dall’antico concetto hawaiano che il mana risiede nelle ossa.
Infatti le ossa di uomini fortunati o altamente qualificati sono state apprezzate e utilizzate come materiale per farne ami propiziatori. Tuttavia la vera comprensione è che il mana è più di una cosa “non materiale”, e viene espressa come scelta e intento in questo proverbio hawaiano: Aia no i ka mea e mele ana – Lasciate che il cantante scelga la canzone.
Gli antichi polinesiani avevano molti tipi di canoe, molti tipi di ami da pesca, molte varianti delle loro lingue, molti calendari adatti alle diverse isole, molti nomi diversi per le stesse cose… Insomma, erano molto flessibili nel loro comportamento, e questo ha favorito la loro sopravvivenza e la loro creatività.
Come per altri popoli ci furono momenti duri nella loro storia, governanti meschini repressero cambiamenti e variazioni, come indole però i polinesiani erano particolarmente adattabili.
Loro cercavano la verità mentre navigavano i mari, ma non una verità trascendente che non poteva essere dimostrata o senza un uso pratico. Per loro, come dice il settimo principio Huna, ‘l’efficacia è la misura della verità’.
Chiunque può dire che qualcosa è vero ma è bene che questa verità abbia un certo valore e consenta di vivere prosperamente e gioiosamente la vita.
A mio parere, questo atteggiamento polinesiano è ben espresso in questo proverbio hawaiano: Ho a’e ka ‘ike he’enalu i ka hokua o ka’ ale – Mostra la tua conoscenza della navigazione sul dorso di un’onda.
The History of Huna by Serge Kahili King
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